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Parole & musica

  cd musicali, cd audio,  recitazioni, canzoni e poesie 

 

1999 tutt ol bleu d’on onda

 

CD audio e libretto

TUTT OL BLEU D’ON ONDA

Liriche e conversazioni di Alberto Airoldi

Registrazioni originali, ritrovate e restaurate.

Progetto grafico a cura di Angelo Colombo

 

Edizioni Rotare Club Erba Laghi 2040°

 

 

La sistemazione logica, l’assemblaggio e la conseguente pubblicazione discografica di buona parte del materiale audio rintracciato presso l’archivio fotografico Croci, pone in risalto aspetti forse unici, certamente irripetibili di Alberto Airoldi, uomo e poeta.

Accanto a salaci e gustosi quadretti conviviali, coesistono inedite, talora acri peculiarità espressive e punte istrioniche insospettabili ai più.

Il ricreato ed insperato rapporto diretto col tempo suo, mostra nell’oggi, meglio e forse più di ogni altra considerazione, angolazioni uniche, tematiche caratteristiche di una attività esistenziale ed intellettuale tanto prolifica quanto multiforme ed intrigante.

Tutto ciò non solo rappresenta a nostro giudizio una valida operazione culturale in sé e per sé, ma anche la concretizzazione di una necessità di analisi approfondita di una realtà che, per quanto a noi vicina, ancora presenta zone d’ombra; fatta di analisi forse troppo approssimate, o addirittura parzialmente assenti (ed oscurate), sia nello studio del lessico specifico, che della vena poetica, o del quadro storico o culturale.

Un serio tentativo di interpretazione unitaria ed organica della poliedrica genialità e produzione di un artista tanto emblematico e significativo (Airoldi ebbe il merito di essere il primo poeta dialettale brianzolo, e di saper coniugare sensibilità poetica e razionalità linguistica nel contesto di un lirismo inusuale per forma e tradizione), deve indurre a considerazioni ed approfondimenti di carattere interdisciplinare tra le forme “minori” dell’espressività, ancor oggi tutte o quasi relegate o subordinate all’ufficialità di lingue e culture dominanti.

La spiccata singolarità dei brani oggi (ri)proposti, la mediazione frutto di una lettura dal vero fatta dalla stessa ruvida voce dell’autore (carne e sangue ancor spessi e palpitanti di antiche suggestioni), non può che parlare e documentare con straordinaria immediatezza, di un tempo, di una identità, e di una metrica specialissima, in grado più che mai i fornire agli studiosi a venire, una ricostruzione di grande, indiscutibile valore probatorio.

Di ciò, noi tutti che siamo stati partecipi di questa insperata ricostruzione di una briciola di Brianza poetica, né troppo vecchia, né troppo antica, solo momentaneamente scordata, ne siamo giustamente orgogliosi.

 

 

 

 

"Adiu bei oeucc" recitata dallo stesso Airoldi

 

 

2000 i canti della seta

 

CD musicale e libro

CANTI DELLA SETA

Interpretati da Elsa Albonico

Illustrazioni: Elia pirovano

Progetto grafico a cura di Angelo Colombo

 

Edizioni Corriere di Como, supplemento de “Il Corriere della Sera”.

 

 

Con la raccolta dei “Canti della Seta” curata da Eisa Albo­nico, ricercatrice e interpre­te di canto popolare, si vuole ren­dere omaggio a quanti nel tempo si sono dedicati alla produzione del prezioso filo (li seta. Rilanciando i canti che hanno segnato l’epoca d’oro dell’allevamento del baco da seta e delle successive fasi di lavo­razione del filo, si intende contri­buire a rivalutare il peso socio-eco­nomico che ha avuto la gelsibachicoltura nell’area lariana, sia nel­l’ambito della produzione artigia­nale, sia nella successiva fase industriale. Ora che la centenaria attività sericola comasca ha ceduto la su­premazia ad aree non tradizional­mente impegnate nella produzione della seta, si spera che almeno i canti legati all’allevamento del ba­co e al lavoro in filanda possano essere conservati nel territorio do­ve sono nati.

 

Canto: "a la matin bon'ura" canto delle filandere di garlate (Lc)

 

 

2000 poesie milanesi di G, Barrella

 

Doppio CD audio e libretto

POESIE MILANESI DI GIOVANNI BARRELLA

Registrazione storica ritrovata e restaurata.

 Progetto grafico a cura di Angelo Colombo

 

Edizione Mectex - Erba

 

 

Una volta si diceva ‘”gente qualunque” indicando una tipologia umana comune a tutti ed assommante pregi e difetti di tutti. Un buon termine che senza gloria e senza infamia era in grado di far chiarezza, nell’immediato, di situazioni ed abiti mentali altrimenti difficili da chiarire in poche parole. Nel dopoguerra il termine decadde a causa di un certo Guglielmo Giannini, che gli anziani ricordano soprattutto per un “logo” l’immagine di un omuncolo in tratto di china, un borghese —si disse subito- stritolato dalla morsa di uno spremitoio. Giannini, con l’abilità innata di quel guitto d’origine meridionale qua! era, ne ricavò il simbolo di un quasi grande partito politico e di un giornale di successo, seppur effimero. “L’Uomo Qualunque’:

Sparito Giannini, e con lui il suo disegno politico ed il giornale, quel termine di “Uomo Qualunque’ così popolare,finì con l’assumere presto ben altri “disvalori”semantici. In breve, surclassò il già di per sé dispregiativo termine di: “borghese’: Fu peggio di “reazionario” fu sinonimo di “qualunquista”, parola per i tempi davvero oscena. Chi ha attraversato passionalmente gli anni sessanta/ottanta, impegnandosi in particolar modo nella dialettica politica o sociale, sa per certo che insulto peggiore non era possibile attribuire a nessuno. in realtà, a ben vedere, il qualunquista tipo, diceva e pensava esattamente come tutti o quasi nell’oggi del dopo tangentopoli, e cioè, tanto per citare gli esempi più lapalissiani: i partiti sono corrotti la giustizia è ingiusta..., il potere corrompe quanto la sua latitanza...; il bene ed il male, il torto e la ragione sono proporzionalmente di.tutti..., ecc.

Cose risapute, vero! Ci si chiederà dunque, il perché del preambolo. C’entra! C’entra perché, presentando l’opera di Barrella, poeta, intendiamo come lui e con lui, parlare proprio di gente qualunque, in un certo senso di “riabilitati sociali”, non soli poveri cristi politicamente o socialmente emarginabili ed emarginati: gente, ieri come oggi esattamente identica a noi e voi, ieri ed oggi. Gente né di bene né di male; gente che s’incontra per strada in ogni tempo, che lavora, che ama e che ozio; che però, - questa la colpa- essendo proprio come tutti, la si definisce: “comune’ cioè “qualunque’ non degna di nota, da detestare, magari combattere politicamente, comunque da dimenticarsi o già dimenticata nell’immediato. Barrella, napoletano/milanese d’origine, brianzoìo di adozione -più “comune/qualunque” di così?-, intellettuale, poeta, attore/regista e pittore, - “comune” anche nell’ecletticità elettiva della genialità- è stato, come solo può esserlo un poeta, cioèante litteram, propugnatore del comunqualunquismo, nel senso che si diceva più sopra…

 

"La purtinara" poesia milanese recitata dall'autore

 

 

2001 canti dalla Brianza

 

CANTI DALLA BRIANZA

Volume e Cd audio

 

Canti amorosi, burleschi, gai, religiosi, tragici, strambotti, filastrocche, bosinate, ninne nanne tutti registrati nelle pubbliche case diu vecchiaia nei primi anni sessanta.

 Illustrazioni Elia pirovano

 

Edizioni Aretè

 

 

La memoria, la rappresentazione, il canto

 

Ad opera dei degenti delle pubbliche case di vecchiaia della Brianza

 

Se ascoltando le registrazioni che vi proponiamo, deciderete che l’insieme delle voci, dei vocalizzi, delle canzoni appare grot­tesco, avrete ragione e anche decisamente torto, Il materiale fonico che abbiamo reperito dagli archivi del tempo, contiene il tutto ed il contrario del tutto. Sono canti, principalmente. Sono fiabe musicali un po’ naìf.S ono musiche senza musica e sonate irridenti, talora pie e devote, spesso sublimi nella pratica canora di una vita ruvida e di una religiosità a cottimo di fede e scarsa speranza. Sono presente e prontuario archeologico del territorio. Sono la nostra preistoria, sono familiari e, al tempo stesso, lontane anni luce dal nostro presente. Sono il tempo che passa ed il suo perpetuarsi senza fine al termine dell’ultimo millesimo tempo: sono la fine ed il suo inizio. Senza possibilità di equivoci ogni croma senza musica, ogni strambotto senza poesia, ogni Bosinata senza più territorio, dice e testimonia che si tratta pur sempre di noi a rovescio nel tempo nostrano. Sono canti di vita che conservano intatta tutta la loro magia in uno splendore terreo da godimento funebre. Sono irritanti e paradossalmente inspiegabili come tutto ciò che, pur nostro, sfugge alla comprensione. Sono il mondo, oggi che pare non essere più. Sono il “trascorso presente” che s’avanza al di sotto della rete magnetica della televisione, di Internet, dei cellulari. Sono il cuore delle tenebre!

 

 

 

 

"Barba rusa", canto anonimo da ospizio

 

 

2001 G. Mauri- l’attore-il poeta-la voce

 

CD audio con registrazioni originali d’epoca, ritrovate e restaurate.

 

GIANFRANCO MAURI

L’attore, il poeta, la voce

Immagine di copertina: Elia pirovano

 

Edizioni Brianze e Piccolo Teatro città di Milano

 

 

IL VILLIGIANO DI ERBA INNAMORATO DEL TEATRO

Lo ricordo a Brescia, seduto al tavolo di cucina, Or­nella davanti a lui, a legger di Giovanni Testori quel che accadeva del Polittico di Martino Spanzotti (pittore piemontese tra il ‘400 e il ‘500) a Ivrea e, dividendo la solitudine del pittore valligiano, l’aria di schietta e di­messa quotidianità, dire di una colomba che entrava in altra cucina, in altro tempo, in altra storia a sorvegliar l’annunciazione della Madonna inginocchiata, intanto che fuori i nipotini dello Spanzotti e della contadina presa per modella, giocavano ad alta voce. Noi tre, dal­la nostra cucina anno 1998 udivamo le sirene delle am­bulanze, lo scrosciare delle macchine di una Brescia opulenta e affaticata, tutta invasa dalla nebbia, che fi­nalmente tornava a casa. Pazientemente Gianfranco ri­percorreva il brano lì dove si dice che verso sera il pitto­re prende su e solo, gli occhi pieni di malinconia, se ne va in mezzo ai campi a veder come diventa notte nei boschi o sedendo a tavola si fa sorprendere a prendere un bicchiere colmo di vino, metterlo in direzione del­l’ultimo raggio di sole e, disposto così il bicchiere, va avanti ad osservare i riflessi che il vino fa sul bianco della tela.

Passavano nel libro i riquadri del Polittico e ci pareva di riconoscere in uno di quei valligiani calvo, con la pelle consunta dai troppi anni e dal troppo sole, riguardante fuori della tela con un certo ghigno buffo eppur severo,

una somiglianza con i volti di Gianfranco nel teatro e fuori del teatro così come si sono fermati nella nostra mente. Primo fra tutti il volto di Luisin ne Ei nost Milan che reclama la minestra con voce fioca “Ah, sont maraa” e quattro “a” una in fila all’altra, oppure seduto ai tavo­li della povera gente che mangia in silenzio, intanto che fuori “un pallido sole di novembre getta un ragno sul muro di fondo ed anima gli sbuffi bianchi delle caldaie nella cucina”.

Non erano più di sei sette battute e ne faceva un monu­mento. E per secondo come scolpita nel legno la faccia del portatore (Eccezione e la regola, 1961) dal volto anne­rito dal sole, basito in mezzo al deserto, che trattiene la rivolta mostrando appena il braccio ferito nella traver­sata del fiume. Avrebbe potuto lui, valligiano di Erba, abituato alla Grigna pelata, alla polenta di Magreglio fungere da modello, pensavo tra me e me.

Ma era una idea di arte e di mestiere, una caparbietà una durezza che in tutto condivideva. Un’arte, un me­stiere in cui si racconta al vero, senza aggiungere senza togliere, o più precisamente si scolpisce come fa il bo­scaiolo con l’accetta, tirando giù alla grossa e cercando di pensare in dialetto per praticar meglio la lingua.

 

 

 

 

 

Gianfranco Mauri recita la poesia: " Ul Lambar" di A. Airoldi

 

 

2002 ciciarem un cicinin

 

CD audio

CICIAREM UN CICININ

Con Franca Brambilla

 

Registrazioni audio di poesie milanesi realizzate nel soggiorno di casa Brambilla.

Progetto grafico a cura di Angelo Colombo

Illustrazione di copertina: Ilaria Dalla Casa dell’Istituto Statale d’Arte di Giussano

 

Edizioni Brianze

 

 

Lunedì 22 luglio 2002, Franca Brambilla spirava serenamente, dopo alcuni mesi di malattia, nella clinica San Camillo, assistita fino al­l’ultimo dall’affetto dei parenti e dei tantissimi amici. Mi voo su in del Pader che l’è mè e vòster, mè Dio e vòster Dio... Questo l’inizio del ne­crologio pubblicato sul Corriere della Sera dai familiari, ricavato da I quatter Vangel de Mattee, March, Luca e Gioann in dia lett milanes”, ed. Ned (alla cui stesura aveva collaborato la stessa Brambilla). Franca Brambilla nasce a Milano da famiglia milanese il 25 dicembre 1922. Studi tecnici e carriera impiegatizia, prima nell’Osteria del Felis in via Fara, proprio di fronte alla Pirelli, e poi nel Caftrin di via Gluck - dei quali erano titolari i genitori Felice e Antonietta, el Felis e la Togna -, ap­prende la parlata meneghina più schietta, assorbendo quella milane­sità che andrà espletando a tutto campo. Dopo l’esordio in campo tea­trale a 8 anni all’oratorio, recita in campo amatoriale nel repertorio mi­lanese con i Gruppi “Teatro Nodo” per la prosa e “i Milanes” per l’o­peretta (indimenticabile la sua Dirce ne “I fortunn del Tecoppa”). Col­laborava a riviste e giornali di cultura milanese, tra cui la Voce della Morfine/la e Il Nodo. È stata conduttrice di programmi radiofonici a RAI 3, Radio A e Radio Meneghina: ricordiamo i programmi RAI “Il salotto lombardo” e “Storie di Lombardia”; e per Radio A “Quatter pass per Milan”. Ha tenuto innumerevoli corsi di letteratura milanese e numerosi recitals, a scopo benefico. Ha pubblicato inoltre El bel fioeu e la Lilla (ed. Libreria Meravigli), Il piacere di chiamarsi Brambilla (ed. Il Carrobbio-La Martinella Milano), oltre a racconti e poesie in milanese sui “Quaderni del filologico”, dell’Accademia del dialetto e dell’Acarya. Di Franca Brambilla hanno parlato spesso i media, esaltandone le doti di attrice, scrittrice, docente di meneghino: un vulcano di vi­talità e di simpatia. Forse il ritratto più calzante ce lo fornisce L’Avvenire del 4 gennaio ‘96: “È l’emble­ma della Milano che amiamo e che ricordiamo con patetica nostalgia. Però con la Franca il patetico se ne va e la nostalgia scompare: rimane Milano, la sua veracità e il dinamismo che sgorga dal cuore e giun­ge, tramite il dialetto, al pari di una forza che trasci­na e contagia”. Franca Brambilla fu anche fonda­trice e presidente del sodalizio “i Brambilla - tucc insèma, incoeu e doman”.

 

 

Il bel dialetto meneghino di Franca Brambilla