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le maschere di Schignano

 

Scolpite in radica di noce o nel troco di un vecchio faggio, d'asspetto orrido le une, delicate e femminee le altre. Sono queste le maschere antiche del carnevale di Schignano. Le maschere dei "bej" (belli) e dei "Brutt" (brutti), che altro non sono, nel mondo a rovescio del tempo carnescialesco che l'antica rappresentazione dei "ricchi" e dei "poveri". Non è questo certamente l'unico carnevale così spiccatamente  sociale. La, o meglio le molteplici caratteristiche di questo antico carnevale ne fanno invece un caso unico e tutto a se stante. Innanzitutto è un carnevale di clan. Ogni famiglia cerca alleanze, aggrega altre famiglie ed ogni famiglia, nella rappresentazione ha il ruolo sociale che le compete nella vita di paese. Ci sono i Ricchi, i reali benestanti, le autorità, colororo che con l'aiuto ed i prestiti di altri assuirgono al ruolo. Ci sono i poveri che poveri rimangono e sono rappresentati dai pastori, gli operai a bottega, o come si diceva negli anni settanta: i "proletari", la classe rivoluzionaria. Poi i senza nulla e senza maschera o con maschere raffazzonate, senza forma, senza stile, senza storia: il "sotto proletariato". da ultimo la "capopopolo", la "Ciocia" e le donne del popolo. la valenza di "lotta di classe" della recitazione è da subito evidente nei tempi e nelle partiture della sceneggiata carnevalesca. Il primo giorno, all'alba, dagli alpi scendono i rivoluzionari, i capi  popolo vestiti di pelli d'animali e tute. sono figure druidiche che incutono terrore ed ungono col sangue di conigli le porte delle case dei ricchi. I benestanti lasciano il paese e si rifugiano negli alpi. Secondo giorno o giorno dell'abbondanza. Il paese è preda dei rivoluzionari che girano per le vie e raccolgono offerti fuori porta dalle case, vino e cibarie. Tutti si abbuffano e le vesti ora appaioni sformate e rigonfie (riempimento con paglia dei costumi). Il lugubre suono dei campanacci si diffonde per le vie che i "brutti" percorrono urlando per brevi tratti prima di fermarsi immobili per un breve sonno ristoratore. Le donne la serra ballano in piazza festanti e tra loro. Terminato il ballo hanno facoltà di far pubblica storia dei vizi (non tanto) segreti dei mariti. Il tutto in dialetto strettissimo, molto volgare ma spassoso. L'ultimo giorno, i ricchi scendono a valle con i loro bei costumi di broccato e seta e le pance pasciute e armoniosamente tonde. circondano il paese e all'alzata dello spadino del loro capo (lo spadino per tagliare polenta) fanno lentamente ingresso nel borgo al suono armonioso delle campanelle d'argento che portano in vita. i brutti scompaiono ritornando nella foresta e il " Carlisepp" e La "Ciocia", catturati e posti al rogo serale su pubblica piazza. e' restaurazione. In quegli anni settanta, i brutti si rifiutarono di lasciare il paese e per la prima volta nella pluricentenaria storia del carnevale, imbracciarono le armi, girando casa per casa dai ricchi e simulando sommaria giustizia proletaria.